La chiesa prepositurale di S. Martino in Perledo, con la sua struttura scenografica barocca, affiancata dall’inconfondibile torre romanica, è ben visibile da tutto il bacino centrale del Lago di Como, attorniata dal nucleo storico del paese.

Proprio la torre romanica, attribuita al sec. XII, testimonia l’antica presenza di una chiesa medievale in Perledo, citata per la prima volta verso la fine del Duecento 

 

 Come ricorda l’iscrizione oggi visibile sulla controfacciata, la chiesa attuale, fu iniziata dal prevosto Faustino Faggi nel 1613 su  disegno dell’architetto Giuseppe Bianchi di Moltrasio presenta “un aspetto monumentale e piuttosto raro, con palesi citazioni dal linguaggio tardomanieristico milanese e particolarmente dalla ricostruzione da parte di Martino Bassi del S. Lorenzo Maggiore” (A. Spiriti). Il Bianchi, infatti, architetto della Fabbrica del duomo di Como dal 1609 alla morte (1615 circa), fu attivo anche a Milano dove, per esempio, decorò la sacrestia di San Marco nel 1608, risultando a contatto con gli ambienti più stimolanti dell’architettura milanese che vedevano protagonisti, oltre a Martino Bassi, il Pellegrino e Francesco Maria Richini.

Dall’ampio piazzale, da cui si gode un incomparabile panorama sul Lario, si innalza l’alta facciata, che si erge su un sagrato sopraelevato di 7 gradini. Con un fastigio a salienti dal profilo curvilineo, è ritmata da due aggettanti cornicioni e da quattro lesene che ne evidenziano lo slancio e le conferiscono movimento, assieme ai tre portali incorniciati in granito, alle due nicchie, un finestrone barocco con vetrata fine Ottocento (S. Martino a cavallo dona il mantello al povero) e una finestra rettangolare dai profili modellati in stucco.

Una scritta sopra il portale ricorda il restauro della facciata nel 1876, mentre sul timpano campeggia la dedica D.O.M.. (A Dio Ottimo Massimo) seguita da una citazione dalla lettera di S. Paolo ai Romani (8,31), cara a S. Agostino: “Si Deus pro nobis, quis contra nos?” (Se Dio è con noi, chi contro di noi?).

 L’edificio presenta una pianta centrale a ottagono, con  uno straordinario sviluppo in altezza, che fa pensare alle chiese milanesi di San Lorenzo Maggiore e di San Giuseppe in via Monte di Pietà: “audace tentativo di riproposizione in chiave locale della riflessione milanese sull’architettura sacra” (A. Spiriti).

A destra, il sobrio fronte della casa parrocchiale, restaurata nel 2004/2005. Venne edificata nei primi decenni del Seicento, assieme all’attuale chiesa, e progressivamente ampliata fino alle dimensioni attuali. Racchiude una piccola suggestiva corte interna, in cui si alza una palma a fianco di un pozzo ricoperto da un’edicoletta in pietra datata 1699. Nel giardino (“brolo”) a sud della casa parrocchiale sopravvivono due alte nicchie appaiate, coperte da volta, che potrebbero sembrare cappelle laterali di una chiesa. In una di esse, sulle pareti laterali sono affrescate quattro figure di santi, molto deteriorate, di fattura cinquecentesca.

Affiancata all’abside della chiesa si erge la romanica torre campanaria, dalle dimensioni possenti sia in larghezza (mt. 6) che in altezza (mt. 30), edificata in pietre locali a vista sommariamente squadrate, disposte a corsi bassi e allungati. Le quattro pareti, serrate da pilastroni d’angolo appena accennati, evidenziano sette piani, scanditi dalle cornici ad archetti pensili, o a denti di sega sopra e sotto l’orologio, tipiche dello stile romanico lombardo. I piani inferiori hanno ciascuno una monofora, mentre nei due sottostanti la cella campanaria erano aperte bifore e trifore, chiuse in età barocca, anche per lasciar posto al quadrante dell’orologio. Nella stessa età la copertura, che si presume originariamente a quattro falde, venne sostituita con due dadi, un prisma ottagonale, un tronco di cono e una sfera sovrapposti. L’ultimo restauro, di carattere conservativo, risale al 1988.

All’interno, nell’ampio vano centrale si aprono due cappelle laterali, dedicate, a destra, alla Madonna del Rosario e, a sinistra, a S. Caterina d’Alessandria. Sull’altare della Madonna è conservata una statua barocca nella nicchia circondata da tavolette coi misteri delRosario. L’altare di Santa Caterina ha una grande pala dell’ultimo Seicento, attribuita al comasco Domenico Cadorati o Cadorado, restaurata nel 2003, che rappresenta le Mistiche nozze di Santa Caterina con Gesù Bambino, assieme a San Michele arcangelo e la figura del committente, sovrastati da un tripudio di angeli che reggono una corona floreale.

Il fonte battesimale è collocato, a sinistra entrando in  chiesa, in una piccola cappella coperta da cupolino decorato da angeli a fresco e in stucco.

Ampio e profondo il presbiterio, a pianta rettangolare, in cui si eleva un pregevole altare in marmi variegati, con ciborio a colonnine. E’ opera di Giovanni Antonio Conca, che l’ha realizzato nel 1761 secondo le prescrizioni di San Carlo, in sostituzione di un precedente altare con ciborio in legno intagliato.

Pregevoli manufatti in legno intagliato sono i due confessionali, la copertura a tempietto della vasca battesimale e gli armadi della sacrestia, dove è esposta una piccola tela a olio raffigurante San Martino a cavallo che dona metà del mantello al povero, di Giovanni Bellati di Premana (1785).

Di squisita sonorità e pregio è l’organo, costruito dai Serassi di Bergamo nel 1747, ora bisognoso di restauro.

Lungo la scalinata che porta alla chiesa  si trova un “ossario”, mentre, con ingresso sul lato absidale, sopra la sacrestia, l’oratorio dei confratelli, ora adibito a deposito, presenta decorazioni pittoriche barocche.

 

BIBLIOGRAFIA:

- Vittorio Adami, Varenna e monte di Varenna, Milano 1927, Ed. anastatica, Varenna 1998.

- Andrea Spiriti, Perledo, in Guida del Territorio di Lecco, 1, Ed. Nodo Libri, Como 1993, pp. 123-128.

- Giulio Perotti, Chiesa e comunità parrocchiale di Perledo: leggenda, storia e arte, Parte I, “ Quaderni perledesi”, Perledo  n. 5 (2009)